Tra libri e nastri rossi

Racconti dal Natale in libreria, tra scaffali, copertine e desideri di carta.

C’è un periodo dell’anno, in libreria, in cui tutto accelera. Le ore sembrano più brevi, le voci più fitte, le pile di libri più alte. È il momento in cui il ritmo cambia, e la libreria si riempie di un’energia diversa: tutto inizia a muoversi più in fretta, come se perfino la libreria sentisse avvicinarsi il Natale. Non c’è calendario che tenga: le novità cominciano ad arrivare fin da settembre, e con loro si moltiplicano le anteprime, le vetrine da rifare, gli ordini da sistemare. Lo spazio si riempie di copertine lucide, di trame lette a metà tra un cliente e l’altro, di appunti scritti su foglietti infilati tra le pagine.

Libreria affollata di clienti

Ogni giornata è un piccolo allenamento alla resistenza. I telefoni squillano, i corrieri consegnano, i clienti chiedono. C’è chi entra con una lista precisa e chi ricorda solo il colore della copertina (“era blu, forse con un volto di donna…”). Come raccontavamo in Libreria, istruzioni per l’uso , ogni cliente porta con sé un piccolo rito, un modo diverso di entrare nel mondo dei libri. C’è chi cerca un consiglio per un lettore difficile, chi vuole tre titoli “intensi, ma non troppo impegnativi”, chi ne vuole uno qualsiasi “purché faccia bella figura”.

Le libraie e i librai ascoltano, interpretano, sorridono. Non vendono soltanto libri: li abbinano alle persone, li immaginano in mani che neppure conoscono, decifrano desideri. Perché, come scrivevamo in Nelle vene dei librai scorre inchiostro, fare il libraio non è un mestiere: è un modo di abitare il mondo. A volte il ritmo li travolge, eppure continuano a fare quello che sanno fare meglio: suggerire storie.

Ogni volta che riescono a indovinare il titolo giusto, si accende una piccola soddisfazione, un premio invisibile che ripaga di tutto il resto.

Il periodo natalizio ha un suono suo. È fatto di carta che fruscia, di nastri che si srotolano, di pacchi che si accumulano dietro il bancone. È un concerto quotidiano di parole e gesti ripetuti: la mano che piega, quella che timbra, quella che infila il segnalibro come un ultimo pensiero gentile. Non serve lo spirito natalizio per sentirne la magia: basta osservare una libreria nei mesi autunnali per capire che lì dentro si celebra, ogni giorno, una forma di resistenza gentile.

Eppure dietro la grazia del mestiere c’è la fatica. Il tempo di lavoro che si allunga, la pausa pranzo saltata, i titoli che mancano e arriveranno “forse domani”. Ci sono i malintesi con i corrieri, le giacenze che si accumulano, le richieste impossibili da esaudire. Ma anche questo fa parte del mestiere, e chi lo fa sa che ogni fatica vale il sorriso di un lettore soddisfatto.

Cliente di libreria vista di spalle che sfoglia un libro pronta a sceglierne uno

In un momento di confidenza, una libraia mi ha raccontato di una cliente che ogni autunno torna a scegliere due o tre titoli, dicendo che si vuole portare avanti con i regali di Natale. Li dispone con cura sul bancone, li sfoglia, ci pensa su, poi li acquista senza fretta.

All’inizio la libraia non ci aveva fatto caso. Poi ha cominciato a notare un dettaglio curioso: ogni volta che le proponeva di impacchettarli, la donna esitava, come se dovesse pensarci, e accettava solo dopo un attimo di silenzio, con un lieve rossore. Quel gesto l’ha insospettita. C’era qualcosa di incongruo in quel modo di trattenere il fiato davanti a un foglio di carta da regalo.

“Una volta,” mi ha raccontato, “è tornata per Lessico famigliare. Le ho fatto notare, con un sorriso, che lo aveva già comprato l’anno prima. Lei ha esitato un istante, poi ha detto piano: ‘Sì, ma quello è tutto sottolineato. Mi piace averne uno nuovo, pulito. Quando lo apro mi sembra di cominciare daccapo.”

Da allora la libraia non le chiede più nulla. Sa che ogni autunno tornerà, prenderà due o tre libri che conosce già, e se ne andrà con quella calma un po’ assorta di chi ha appena rinnovato un rito. “Credo che non voglia cancellare il tempo,” ha detto la libraia, “ma provare, per qualche pagina, a sospenderlo.”

signora che guarda nel reparto dei tascabili

A fine novembre la libreria si trasforma definitivamente: le vetrine diventano paesaggi natalizi, le luci si fanno più calde, quasi domestiche, e ogni giorno porta un carico nuovo di urgenze e sorprese. Si moltiplicano le persone che “passavano solo a dare un’occhiata” e finiscono per uscire con una pila sotto il braccio. Alcuni clienti, rimasti invisibili per mesi, tornano puntuali a farsi consigliare “come l’anno scorso”.

I librai li riconoscono. A volte ricordano perfino cosa avevano acquistato, e capita che si instauri un dialogo che dura negli anni. Non è solo vendita: è una forma di conoscenza reciproca, fatta di fiducia e curiosità. Ed è lì che emerge, come scrivevamo in Librai o supereroi?
, la parte più straordinaria (e invisibile) del mestiere.

C’è chi misura il Natale dai calendari dell’Avvento e chi dai panettoni sugli scaffali. I librai, invece, lo capiscono da un altro segnale: quando il rotolo del nastro rosso comincia misteriosamente a sparire. È allora che parte la corsa, con il solito misto di caos e allegria, e ogni giornata diventa una piccola sfida tra ordine, passione e… carta da pacchi.

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