L’anima dei libri: storia dei TASCABILI

Intorno al 1200 si chiamano libri da bisaccia: volumetti di carattere religioso o giuridico che, protetti da una borsa in pelle, si legano alla cintura per lasciare libere le mani durante il cammino. Questi preziosi manoscritti, simili a quelli custoditi nei monasteri, vengono diffusi fino all’introduzione della stampa. Ma il libro da bisaccia è un oggetto costoso, destinato ai pochi privilegiati che se lo possono permettere. Se con “libro tascabile” alludiamo, oltre che al formato, anche ad un prezzo abbordabile, non possiamo non riferirci al veneziano Aldo Manuzio, che nel 1501 pubblica le Bucoliche di Virgilio in formato 10,5 x 16 cm, usando il carattere corsivo. Manuzio ha anche il merito di essere stato il primo a suggerire la lettura come intrattenimento, svago: dopo aver pubblicato il volume, lo manda a un amico suggerendogli di “leggerlo nei momenti di pausa, quando sei libero, quando vuoi passare un po’ di tempo in maniera piacevole”.

Passa qualche secolo finché si arriva al XIX: in Italia è Sonzogno a lanciare, intorno al 1865, pubblicazioni economiche che spaziano dalla letteratura italiana e straniera alla narrativa d’evasione. Ma le tappe fondamentali dell’evoluzione dei tascabili si hanno nel corso del Novecento. I tascabili, come si sa, derivano il loro nome “moderno” dalla traduzione letterale di Pocket Books, una divisione che la Simon&Schuster, uno dei più importanti editori americani lancia nel 1939. In realtà, però, debuttano già qualche anno prima: in Inghilterra, nel 1935, quando la casa editrice Penguin pubblica i paperbacks e in Germania, con la tedesca Albatross Books che pubblica già dal 1931 libri di piccolo formato e dal costo contenuto. In Francia i Livres de Poche arriveranno nel 1952.

Tornando al Bel Paese, l’anno 1949 è fondamentale. Il Pci fa nascere la Cooperativa del libro popolare (Colip) la cui collana Universale Economica – o del Canguro – negli anni Cinquanta diventa l’Universale Economica di Feltrinelli. Nel ’49 nasce anche la storica collana di Rizzoli, la BUR, libri in formato 10,5 per 15,7 centimetri, copertina monocromatica e prezzo 50 lire: ecco finalmente la possibilità per tutti di avvicinarsi ai classici della letteratura.

Impossibile poi non citare una collana fondamentale nella storia italiana dell’editoria: gli Oscar Mondadori, che esordiscono nel 1965 con Addio alle armi di Ernest Hemingway e sono i primi a essere venduti nelle edicole. Poi arriveranno La Piccola Biblioteca Adelphi, nel 1973, la Memoria di Sellerio, nel 1979. La galoppata dei tascabili nel Novecento continuerà con la nascita, nel 1992, di Stampa alternativa e della sua collana Millelire (un milione di copie vendute della Lettera sulla felicità di Epicuro), mentre nello stesso anno Newton Compton lancerà la collana 100 pagine 1000 lire, in cui ripubblica testi brevi di autori classici.

Ma veniamo all’oggi, quando un libro, lanciato come novità in hardcover, rischia di avere vita estremamente breve in libreria, soprattutto a causa della mole impressionante di titoli nuovi che escono ogni anno. Ma se a questo libro l’editore riconoscerà particolari meriti, in ordine al contenuto o alla capacità di vendita, dopo un certo tempo lo ripubblicherà nella sua versione papaerback, offrendogli una vera e propria seconda vita.

E, in verità, le case editrici sulle seconde edizioni guadagnano molto bene: produrli costa meno, il guadagno è più alto. E questo non accade solo per i minori costi dei materiali, ma per il minor carico di quelli editoriali – traduzioni, revisioni e correzioni di bozze, royalties e diritti. E finiscono per rappresentare la vera anima di un editore, la ricchezza autoriale che è riuscito a costruire nel tempo.

Ed ecco che in epoca attuale i tascabili diventano sinonimo di catalogo. Vale soprattutto per i classici, perché per quel che riguarda la contemporaneità – soltanto una piccola parte delle novità verrà ripubblicata in seconda edizione economica – la scrematura tra hardcover che meritano o meno una nuova vita spesso segue una logica di vendibilità, di mercato, piuttosto che di valore letterario.

I tascabili più venduti di Fastbook, che spaziano dal classico al contemporaneo, suggeriscano comunque che la qualità continua a essere una caratteristica dominante tra gli economici, come si evince dai dieci titoli che vi proponiamo. Per gli italiani, Paolo Cognetti con Le otto montagne: Primo Levi con Se questo è un uomo; Luigi Garlando con Per questo mi chiamo Giovanni; Leonardo Sciascia con Il giorno della civetta. Anche gli stranieri offrono lo stesso spaccato di qualità autoriale: Antoine de Saint-Exupéry con Il piccolo principe; Peter Cameron con Un giorno questo dolore ti sarà utile; Patrick McGrath con Follia; Milan Kundera con L’insostenibile leggerezza dell’essere; Fred Uhlman con L’amico ritrovato; Haruki Murakami con Norvegian wood; Madeline Miller con La canzone di Achille.

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