Il 9 maggio 1950 il ministro degli esteri francese Robert Schuman, mentre le nazioni sono ancora impegnate a risollevarsi dalle conseguenze devastanti della Seconda guerra mondiale, si presenta alle telecamere e propone di creare una Comunità europea del carbone e dell’acciaio.
È una dichiarazione che segna la storia: la CECA è la prima di una serie di istituzioni europee sovranazionali che condurranno all’attuale Unione Europea – un mercato unico, uno spazio senza frontiere nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali – oggi formata da 27 Paesi.
È innegabile che la UE sia stata in grado di garantire ai suoi cittadini decenni di pace, stabilità, democrazia e benessere, ma sono numerose e difficili le sfide che si trova ad affrontare, dal calo demografico ai fenomeni migratori, dalla pandemia del Covid alla crisi finanziaria, dalla guerra russo-ucraina al dramma climatico. Lo scontento e sconcerto crescono, e in molti si interrogano sul senso, sull’utilità dell’Unione.
A CHE CI SERVE L’EUROPA, pubblicato nel marzo di quest’anno da Marsilio, propone un dialogo tra Emma Bonino, grande figura di politica italiana, da sempre fautrice dell’ideale europeo, e Pier Virgilio Dastoli, per lungo tempo assistente parlamentare alla Camera di Altiero Spinelli, autore insieme a Ernesto Rossi del Manifesto di Ventotene. Il racconto appassionato di chi in prima persona ha partecipato alla realizzazione del progetto Europa può aiutare a comprenderne il senso tuttora inalterato purché, come scrive nella prefazione al libro Corrado Augias, citando Jacques Delors, si mantengano salde tre caratteristiche: la concorrenza che stimola, la solidarietà che unisce e la cooperazione che rafforza.
L’idea di Europa non si manifesta solo nelle istituzioni, ma anche nella sua percezione da parte dei cittadini. Il britannico Timothy Garton Ash, professore di studi europei presso l’Università di Oxford e di Stanford, giornalista e saggista, definisce la narrazione del suo PATRIE (Garzanti) “una storia illuminata dall’autobiografia”. Lo sforzo letterario che Garton Ash compie è quello di miscelare in un unico testo resoconto personale e interpretazione della storia d’Europa, all’interno di due archi temporali sovrapposti: il periodo postbellico e quello post-muro. Nel riflettere su come l’Europa si sia lasciata alle spalle la devastazione delle armi e abbia costruito sulle macerie del muro di Berlino un futuro di democrazia, lo studioso rivolge un appello urgente ai cittadini di questo antico continente affinché comprendano e difendano ciò che è stato tanto faticosamente conquistato, e continuino a lavorare per un futuro condiviso.
Un futuro condiviso messo in pericolo, oltre che dagli interessi commerciali difformi, dalle politiche internazionali spesso contraddittorie e dagli interventi di ordine ambientale ancora insufficienti, anche dalle ondate migratorie, gestite dall’Unione con fragilità e scarsa concordia. IL SECOLO MOBILE, dello scrittore e giornalista Gabriele Del Grande, che con il suo blog Fortress Europe, online dal 2006, è stato il primo osservatorio europeo a fare luce sui naufragi dei migranti senza visto annegati lungo le rotte del contrabbando nel Mediterraneo, rileva come a partire dal trattato di Schengen l’ingresso in Europa sia precluso a gran parte della popolazione mondiale: cittadini poveri e prevalentemente non bianchi provenienti da numerosi paesi africani e asiatici ai quali non resta che tentare la traversata del Mediterraneo, andando spesso incontro alla morte in mare.
Grazie a un’analisi rigorosa, accurata e sistematica del fenomeno della migrazione, lo studioso formula una precisa proposta: l’Ue dovrebbe superare il sistema dei visti e riportare i flussi migratori nei canali legali. Si tratterebbe, dunque, di instaurare un regime di libera circolazione affinché la mobilità non resti un privilegio riservato a pochi. Sarebbe – conclude Del Grande – “il miglior deterrente alle guerre e la garanzia di un ordine mondiale più giusto”.
In un’epoca globalizzata come l’attuale, l’Europa non può prescindere, oltre che dai conflitti sui suoi territori, anche da quelli in atto nel resto del mondo. Manlio Graziano, esperto di geopolitica e docente alla Paris School of International Affairs di SciencesPo e alla Sorbona, in DISORDINE MONDIALE, uscito per Mondadori all’inizio di quest’anno, afferma che «il carattere caotico e conflittuale della politica mondiale è destinato a durare. Solo con questa consapevolezza possiamo affrontare le sfide che ci attendono negli anni a venire».
Ancora Manlio Graziano, nell’introduzione: «Se un ordine mondiale è impossibile, quel che resta è un crescente disordine mondiale». L’autore, bandendo qualsiasi tentazione autosuggestiva – la cantilena scaramantica che ci ha cullati in epoca di Covid, “andrà tutto bene”, ha dimostrato la sua inefficacia – si augura che questo suo libro possa accendere, da qualche parte, un lumino di curiosità che permetta ad alcuni di affrontare con un grammo di consapevolezza in più le sfide difficili che, come europei, ci attendono negli anni a venire.
E l’occasione per restituire smalto e fattività all’Unione si presenterà a breve, quando, dal 6 al 9 giugno 2024, si terranno le elezioni per il Parlamento europeo. QUALE EUROPA (Donzelli), scritto dal Forum Disuguaglianze Diversità e curato da Elena Granaglia e Gloria Riva, pur sottolineandone i limiti – l’iper-regolazione, le lobbies, gli stalli decisionali, la scarsa democraticità, lo svilimento delle politiche pubbliche – riafferma con forza la centralità dell’Unione, che può e deve riprendere in mano la sua missione fondante, quella di coniugare nel vasto territorio europeo pace, libertà, sviluppo, democrazia e diritti sociali.
Il libro, ovviamente, non contiene un’indicazione di voto ma, oltre ad una lucida analisi dello stato dell’arte dell’Unione ad oggi, dà conto delle proposte che una politica progressista e lungimirante dovrebbe presentare alla platea di votanti.