Ciriaco Offeddu e il fascino oscuro di Istella mea

Parlare con Ciriaco Offeddu significa immergersi in un mondo fatto di memoria, radici e mistero. In questa intervista, l’autore racconta la genesi del suo nuovo romanzo, Istella mea (Giunti), un’opera in cui il realismo magico si innesta in una Sardegna ricca di suggestioni e mistero.

Radici sarde e realismo magico

Uno degli aspetti più affascinanti di Istella mea è la sua densità narrativa: il testo affonda le radici nella Sardegna più arcaica, per poi aprirsi a una dimensione quasi onirica.

Nel corso dell’intervista, Offeddu racconta di aver scritto il libro quasi per necessità, sopraffatto dalla distanza che lo separava dalla sua terra mentre si trovava a Hong Kong. Un richiamo potente, fatto di colori, suoni e atmosfere, che lo ha spinto a ripercorrere le storie della sua infanzia e a dar vita a un romanzo sospeso tra memoria e mito.

Al centro della sua ispirazione ci sono due figure fondamentali: le sue nonne. Due donne straordinarie e diversissime tra loro, una più popolare e vicina ai rituali magici della tradizione, l’altra legata a un mondo spirituale e quasi medianico. “Le mie nonne erano l’anima della casa e del paese,” racconta Offeddu, “portavano dentro di sé il peso della storia e la potenza delle credenze antiche” Da loro derivano molte delle suggestioni che popolano il romanzo, tra incantesimi sussurrati e visioni mistiche, che si intrecciano alla storia di una Sardegna ancestrale e immutabile.

Amore, perdita e vendetta: la forza che muove Rechella

Istella mea è il romanzo di una vita, quella di Rechella, che cresce tra sogni e incubi, illusioni e disillusioni. Il cuore della sua storia batte in due pulsazioni complementari: l’amore e la vendetta. Se da un lato il legame con Martino la segna profondamente, dall’altro il destino tragico di lui accenderà in lei un fuoco inestinguibile, che la spingerà a cercare risposte e giustizia oltre ogni limite.

Il sentimento che lega Rechella a Martino non è mai lineare. Nasce nell’adolescenza con il fervore di una scoperta assoluta, ma non fa in tempo a stabilizzarsi: viene spezzato dalla tragedia prima ancora che possa compiersi. È in questo squarcio che si insinua la vendetta, trasformando la vita della protagonista in una caccia ossessiva, un percorso tortuoso che la porterà a confrontarsi con il peso del destino e con le scelte che la definiscono.

Offeddu descrive magistralmente questa tensione, in cui amore e odio si intrecciano fino a diventare indistinguibili. Quanto di ciò che ci accade è già scritto? E quanto, invece, dipende dalla nostra volontà? Istella mea non offre risposte facili, ma scava nelle ombre del libero arbitrio, lasciando emergere domande che restano sospese come una profezia non decifrata.

Rechella è una protagonista che si muove tra due forze magnetiche e inarrestabili: la memoria e il riscatto. Ciò che ha perso la perseguita, ciò che non riesce a capire appieno la consuma. Ed è proprio in questa tensione che il romanzo trova la sua intensità più profonda: non nella dolcezza dei sentimenti, ma nel loro lato oscuro, nell’ossessione che li alimenta, nella rabbia che impedisce alla ferita di rimarginarsi.

Il fascino del male e il potere della manipolazione

Oltre all’amore e alla vendetta, un altro tema portante del romanzo è la presenza del male, incarnato nel personaggio di Jaja, una figura che sovrasta gli altri con la sua forza oscura. Offeddu tratteggia una personalità ambigua e manipolatoria, capace di piegare la realtà al proprio volere e di agire sulle persone con una pericolosa sete di dominio.

“Il male, quando è più pericoloso, non ha bisogno di gridare,” osserva Offeddu. “È sottile, insinuante, può assumere la forma del carisma e della protezione.”

Ma Jaja non è solo un personaggio negativo. È una presenza che sfida il lettore, costringendolo a riflettere sulla sottile linea tra carisma e inganno, tra autorità e sopraffazione. Un simbolo di quei legami tossici che spesso si mascherano da relazioni salvifiche, ma che finiscono per trascinare chi ne è coinvolto in un vortice senza via d’uscita.

Sardegna e Argentina: il viaggio degli esuli

Istella mea non si ferma alla Sardegna. Il romanzo attraversa l’oceano e arriva fino a Buenos Aires, città che, nella sua malinconia, richiama profondamente lo spirito sardo. L’Argentina è stata per secoli meta di emigrazione per i sardi, una terra che ha accolto e trasformato i suoi abitanti, lasciandoli però con un’irriducibile nostalgia per le proprie origini.

Il senso di dislocazione, che emerge forte nel romanzo, è il riflesso di questa ferita. I personaggi si muovono tra mondi lontani, cercando un’identità che sembra sempre sfuggire loro. “Ho sempre pensato che la vera casa non sia mai solo un luogo fisico,” dice Offeddu. “È fatta di voci, di ricordi, di assenze.”

Offeddu, con la sua esperienza personale di espatriato, restituisce questa sensazione con una scrittura che mescola ricordo e perdita, desiderio di appartenenza e impossibilità di colmare il vuoto. Il romanzo diventa così un ponte tra due mondi, un viaggio interiore che attraversa il tempo e lo spazio.

Un romanzo che lascia il segno

Con Istella mea, Ciriaco Offeddu firma un romanzo di grande respiro, capace di unire l’intimità delle storie personali alla vastità della Storia collettiva. Un libro in cui realtà e mito si intrecciano, tra Sardegna, amore, vendetta e realismo magico.

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