SÌ, VIAGGIARE (Meglio se in modo sostenibile)

I dati provenienti dalla ricerca annuale di Booking.com, una delle aziende del settore viaggi più grandi del mondo, rivelano che il 45% delle persone ritiene che viaggiare in modo più sostenibile sia importante, ma non una considerazione primaria quando si pianifica o si prenota un viaggio. Un terzo (33%) ritiene che il danno già causato dall’uomo all’ambiente sia irreversibile e che le scelte che farà non cambieranno la situazione, mentre un quarto dei viaggiatori (25%) non crede che il cambiamento climatico sia così grave come affermato dai media.

Dati non troppo confortanti che inducono a pensare che ancora si debba fare molto per convincere del valore delle scelte individuali anche in materia di turismo. E i libri, come sempre, possono aiutare.

IN EUROPA SENZA AEREO (EDT), della Lonely Planet, propone 80 itinerari per scoprire l’Europa in modo sostenibile. Viaggi brevissimi o lunghi un mese in cui, evitando aeroporti caotici, si contribuirà alla riduzione dell’impronta di carbonio. Nel volume troviamo le mappe dettagliate dei percorsi e tutte le informazioni sui collegamenti per viaggiare in treno tra i fiordi norvegesi, fare un tour delle isole croate in traghetto, un’escursione nel cuore selvaggio della Scozia o un giro in bici lungo la costa atlantica francese.

Non c’è turismo più “puro” di quello che si fa in bicicletta, capace com’è di ridurre a zero l’impatto dei nostri spostamenti sull’ambiente. La guida di National Geographic CICLOVIE CON VISTA: PISTE CICLABILI PER TUTTI. ITALIA IN BICICLETTA (White Star), curata dall’interprete e giornalista Mariateresa Montaruli, propone numerosi itinerari – dalla Val Pusteria alla Val Venosta, dall’Acquedotto pugliese al labirinto di viuzze lastricate di Cisternino – con mappe chiare e precise per riscoprire il piacere di viaggiare lentamente, assaporando ogni vista, suono e sapore che il nostro Bel Paese ha da offrire.

Era ben conscia dei pericoli che l’impatto umano faceva correre il pianeta Margherita Hack, che già nel 2011, quando ancora non si paventava il disastro ecologico come oggi, pubblicava LA MIA VITA IN BICICLETTA (Ediciclo), in cui la grande astronoma fiorentina raccontava della sua inesauribile passione per il mezzo a due ruote.

La bicicletta per Hack non ha rappresentato solo un mezzo di trasporto per recarsi prima al liceo, poi all’università, per muoversi in lungo e in largo per la Toscana: le sue esperienze in bici scandiscono anche il suo percorso da ricercatrice che parte da Firenze, gira il mondo intero e poi approda a Trieste, dove diventa direttrice dell’Osservatorio Astronomico. Trova spazio in queste pagine anche la storia d’Italia, col fascismo, la Seconda guerra mondiale e il rifiuto della scienziata di aderire al fascismo, nonché il tema dell’ambientalismo, con l’invito a investire nella ricerca di energie alternative, rinnovabili e meno inquinanti.

La bicicletta si ama. Lo sapeva bene il grande scrittore, storico, pedagogista e filosofo austriaco Ivan Illich che in ELOGIO DELLA BICICLETTA (Bollati Boringhieri), pubblicato per la prima volta nel 1973, osserva che l’equità e l’energia non possono crescere parallelamente all’infinito. L’unica potenza non inquinante, che prelude a un futuro inesauribile, è quella metabolica-muscolare. La crisi energetica, secondo Illich, va combattuta ponendo al più presto – scriveva cinquant’anni fa! – dei limiti precisi all’utilizzo di energie esogene nel trasporto. La corsa alla velocità che ossessiona l’uomo depreda non solo il pianeta ma crea anche diseguaglianze tra le persone. Un paese è da considerarsi “sotto-attrezzato” se non può dotare ogni suo cittadino di una bicicletta, ed è viceversa “sovra-industrializzato” se la sua velocità sociale è maggiore di quella della bicicletta. Qual è dunque l’utopia di Illich? Quella di un mondo in cui i soli mezzi di trasporto siano le proprie gambe, le biciclette o i mezzi pubblici.

Imparare ad andare in bicicletta rappresenta anche un passo decisivo nella crescita. Per i più piccoli usare la bici è un atto di vera emancipazione, un anelito alla libertà che trova la sua prima incarnazione. LA BICICLETTA VERDE, di Haifaa al-Mansour, prima regista donna dell’Arabia Saudita, ispirato al film da lei stessa diretto nel 2013, racconta di Wadjda e del suo desiderio di possedere una bicicletta con la quale gareggiare con il suo amico Abdullah. Ma se a Riad per una femmina non è considerato appropriato giocare con un maschio, figurarsi andare in bicicletta. La ragazzina, però, non si rassegna e cerca di raggranellare i soldi che le servono vendendo braccialetti e compilation di musica occidentale alle sue compagne di scuola. Ma anche questo è proibito…

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