• Oscar Farinetti in compaglia dell'intervistatrice, Elizabeth Cappa, seduti su un divano rosso

Oscar Farinetti, la voce dei libri nel suo primo romanzo

Nell’intervista Fastbook a Oscar Farinetti c’è una frase che spiega bene lo spirito con cui si è avvicinato alla narrativa: «La morale ce l’abbiamo tutti; il difficile è infilarla in un romanzo».
Non è una dichiarazione teorica, ma l’intento da cui nasce La regola del silenzio, pubblicato da Bompiani: trasformare in storia l’idea che ognuno di noi ha del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto. È questo il cuore del libro, e il motivo per cui Farinetti ha scelto di misurarsi per la prima volta con la forma del romanzo – un terreno dove la sua visione morale deve trovare voce nei personaggi, non nei concetti. E lo fa attraverso Ugo Giramondi, il protagonista del romanzo, che del silenzio fa la sua lingua e il suo rifugio.

Copertina del libro di Oscar Farinetti, La regola del silenzio, con sfondo che richiama la stessa immagine di copertina

Ugo Giramondi, il lettore che non parla

Ugo Giramondi, bambino segnato da un trauma, adulto che parla pochissimo ma legge come se respirasse, è il cuore del libro. Dentro i libri Ugo entra e fatica a uscire: Kafka, Yourcenar, Il piccolo principe e altri maestri che Farinetti cita senza soggezione.
Ugo è “beota” agli occhi del mondo, ma il suo silenzio diventa spazio di pensiero: osserva, collega, elabora. E quando serve, sa leggere ad alta voce le parole degli altri, perché ciò che non riesce a dire di suo lo affida ai libri.

Thrill(ing)

Per tenere alta la tensione Farinetti sceglie la struttura del legal thriller: un duplice omicidio e un processo che, oltre a muovere la trama, diventano strumento per parlare di vergogna universale e linguaggio della propaganda. Ugo Giramondi è accusato dell’uccisione di Augusta, la sua compagna, e di Giorgio, il suo migliore amico, colti in flagrante intimità: una tragedia che segna il romanzo fin dalle prime pagine e che lo porta in aula a confrontarsi con la verità e con se stesso.
«La propaganda non si smonta usando la sua stessa tecnica: bisogna tornare alle parole giuste, all’origine dei problemi», dice l’autore. Nel romanzo questo si traduce in un controcanto tra l’accusa, che spinge su certezze facili, e una difesa che ricostruisce, apre, scardina.

Clessidra che simboleggia il tempo che scorre

Tempo, memoria e libertà

Tema dominante: il tempo. Non quello astratto, ma quello che organizza la vita di Ugo: clessidre, orologi fermi che segnano l’ora giusta due volte al giorno, esercizi per “stare nel presente”. È un’ossessione filosofica ma anche pratica: cosa facciamo del nostro tempo? Con quale rapporto tra memoria (passato), intuizione (presente) e prova (futuro)?
E in scia al tempo, la libertà. Farinetti la definisce così: «La libertà te la costruisci dentro la coscienza; poi c’è la libertà sociale, ma la prima nasce dentro». Nel libro, le pagine ambientate in carcere spostano l’asse proprio lì: se la libertà è un fatto interiore, come incide sul comportamento, sull’etica, sull’idea di responsabilità?

Famiglia, amicizia, amore, affari

Farinetti lo ribadisce: non c’è nessun “-ismo” in queste pagine. Morale non è moralismo. I personaggi – Ugo, Augusta, Giorgio, Luca – vivono nel dubbio: «È terribile attraversare una vita intera senza mai cambiare idea», dice. E nel romanzo il cambio di idea non è giravolta, ma crescita, anche quando fa male.
La famiglia è un’eredità ingombrante e necessaria; l’amicizia è fedeltà e tradimento; l’amore è desiderio e ambivalenza; gli affari sono un terreno dove bellezza ed efficienza provano a coesistere. Ugo, figlio e nipote di una dinastia commerciale, incarna proprio questo conflitto: aggiustare o vendere? Spiegare o semplificare? Conservare o innovare?

Una dichiarazione di fiducia verso i librai

Forse l’affermazione più programmatica dell’intervista è questa: «Le persone migliori sono quelle che hanno dei dubbi, e l’unico modo per farsi venire dei dubbi è leggere».
La regola del silenzio è anche una dichiarazione di affetto e fiducia verso il mestiere del libraio. Il romanzo fa ciò che Farinetti attribuisce alle librerie ideali: ti mette in mano anche il libro che non cercavi. E, pagina dopo pagina, ti chiede di fermarti quel tanto che basta per pensare.

Numerosi libri aperti l'uni incastrato nell'altro

Struttura in tre movimenti

Il libro scorre in tre grandi atti – crescita, processo, carcere — dichiarati fin da subito. È una scelta di onestà narrativa: il lettore sa dove sta andando, ma non sa come ci arriverà. In mezzo, un lavorìo sulle parole (dette e taciute) e scorci di filosofia pratica: che cos’è l’errore? che cos’è la vergogna? cosa distingue il giudizio dalla giustizia?

Prima prova, diciannovesimo passo

La regola del silenzio è la prima prova narrativa di Oscar Farinetti, ma il suo diciannovesimo libro. L’autore arriva al romanzo dopo saggi e racconti — una palestra che qui diventa corsa lunga: cinque anni di lavoro, incontri con penalisti, medici, astronomi, per non “scrivere cose a caso”, come ammette con ironia.

Oscar Farinetti con la copertina del suo romanzo La regola del silenzio

Perché leggerlo?
Perché mette insieme intrigo e pensiero, perché difende il diritto al dubbio, perché allena a stare nel presente senza perdere memoria e futuro. E perché ribadisce un’idea che ci sta a cuore: i libri non servono a chiudere questioni, ma ad aprirle.

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